L’obiettivo di questa pubblicazione è quello di fornire all’organista e all’appassionato di musica per organo le indicazioni per “registrare” correttamente i brani delle diverse scuole e vari periodi storici.
Tuttavia, molte di queste soluzioni di timbro, dettate dal gusto e dalla fattura strumentale di ogni singola epoca, possono risultare non soddisfacenti se riprodotte tali e quali sullo strumento in nostro possesso.
Ogni organo è un mondo sonoro diverso ed originale: i numerosi parametri che concorrono alla formazione del suono sono altrettanti fattori di personalizzazione da parte del costruttore che arricchisce una determinata estetica con il suo talento innovatore.
Così, ad esempio, per eseguire in modo soddisfacente un «Récit de tierce» su due differenti strumenti d’epoca si renderanno necessari degli adattamenti rispetto alle indicazioni in nostro possesso.
Queste variazioni sono dovute all’equilibrio sonoro generale dello strumento, alla risposta acustica dell’ambiente, al fatto banale che un registro possa essere momentaneamente scordato e quindi inutilizzabile, ecc.
I problemi si moltiplicano nel caso in cui lo strumento non sia stato concepito appositamente per un determinato repertorio.
Infatti, registri recanti il medesimo nominativo e, di conseguenza, amalgami nominalmente equivalenti hanno carattere ed timbro profondamente diversi tra un paese e l’altro e portano impressi il gusto e lo spirito di un’estetica, il genio e l’anima di un organaro: non sarà mai possibile riprodurre esattamente il Callido o lo Schnitger o il Cavaillè-Coll.
Possiamo solo, grazie al patrimonio organistico presente ed alla ricerca filologica, organologica e musicologica, cercare di capire, di avvicinarsi e di far apprezzare al pubblico la ricchezza di questo patrimonio culturale.
Ci si propone di riportare, tradotte in italiano, le principali fonti storiche sulla registrazione. La scelta dei documenti è stata dettata da un criterio di importanza storica: sono state volutamente tralasciate altre fonti perché poco dettagliate, così come le frequenti sommarie annotazioni in partitura.
L’Autore non intende realizzare una storia dell’organo, punta piuttosto a tracciare un percorso ordinato cronologicamente, tendente ad individuare i tratti caratteristici del “colore” che la musica organistica ha rivestito nel suo evolversi all’interno delle più importanti scuole europee.
Resta tuttavia fondamentale per l’appassionato e per l’organista il poter sperimentare e giudicare personalmente delle possibilità offerte dai numerosi strumenti storici presenti nel nostro Paese e in tutta Europa.
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